Il corso che si è tenuto a Bologna nei giorni 9-10 nov 2019 con il Prof. Fabrizio Benedetti e che ha visto attivi e partecipi un gruppo interdisciplinare di professionisti sanitari costituito da psicologi, fisioterapisti e medici, ha messo in luce diversi aspetti chiave emersi dalle recenti ricerche in ambito neuroscientifico, sulla cui applicazione clinica è importante riflettere:
1. l’effetto placebo non è l’effetto della sostanza inerte in quanto tale, bensì la risultante dell’interazione terapeutica all’interno della quale essa viene somministrata, associata a tutti i fattori contestuali;
2. l’effetto placebo è differente in ciascuno di noi, maggiore in alcuni e minore in altri: non ne conosciamo ancora tutti i meccanismi, tuttavia i significati che attribuiamo ai fattori contestuali, alle relazioni interpersonali ed alle stesse sensazioni che produciamo e proviamo, sembrerebbero strettamente correlate alla storia di vita individuale ed alle esperienze personali pregresse, sulle quali si strutturano i meccanismi predittivi e reattivi del circuito interattivo ed adattativo dei network di salienza, di Default Mode e quello esecutivo centrale, a garanzia di funzioni chiave come l’anticipazione del pericolo e la gestione delle minacce, ai fini ultimi della sopravvivenza individuale e della evoluzione della specie;
3. l’effetto placebo è tale anche quando i soggetti sanno che quello che stanno ricevendo è un trattamento “falso”: in fondo è ciò che capita nei film dell’orrore dove sappiamo essere fiction ma questo non ci impedisce di provare emozioni come la paura o il disgusto ed attivare reazioni fisiologiche come l’aumento del battito cardiaco, la produzione di sudore, il tremore etc…
4. Le parole del terapeuta sono importanti tanto quanto i farmaci perché questi ultimi attivano gli stessi circuiti neuronali delle parole: per questo vanno somministrate e dosate correttamente al fine di promuovere processi di guarigione basati sulla fiducia, sulla speranza e sull’alleanza, evitando reazioni opposte dette nocebo;
5. La gestione di questi nuovi strumenti deve essere regolamentata da principi etici al fine di promuovere la ricerca, guidare la clinica, contenere l’uso borderline, evitare gli abusi.